Giacomo Gaglione ha scritto 100 lettere, di seguito ne sono state ritrascritte alcune.

2 gennaio 1935

Gentilissima Amica

ed eccomi a lei come le promisi. Un cristiano non può temere la morte corporale perché Gesù è morto per esso, per salvarlo, e lo ha salvato. Ancora, non può temerla, ma amarla e benedirla; sia perché è opera di Dio e sia perché, per essa, egli entrerà nella gloria a lodare Dio, Gesù, la SS. Vergine. Se una creatura potesse tremare al pensiero della morte, che non è altro che il passaggio al godimento di Dio, dovrebbe ugualmente tremare nel ricevere la S. Comunione che, ugualmente ma volutamente, ci unisce a Gesù: noi non tremiamo né ci spaventiamo a comunicarci, perché non ne possiamo fare a meno e lo stesso Gesù ci invita: Venite a me. Lo stesso sarà, dunque, per il momento della nostra morte corporale. Gesù inviterà: Venite a me e noi andremo con compiutezza maggiore: con lo stesso amore con cui ci accostiamo a Gesù-Ostia, ma uno spogliamento maggiore di noi stessi, lasciando anche il corpo. Da tale dedizione, dunque, essendo più completa, più completa sarà la gioia che ne deriverà. Considerando la misericordia di Dio, a me sembra che il timore e tremore di cui parlano i Santi Padri, significhi amore portato al massimo della possibilità umana, amore di darsi nella misura in cui si riceve. Perché chi si dà tutto trema perché vorrebbe darsi ancora; ama cioè e non potrebbe amare di più, trema e così dà quel di più. Per questa ragione, dunque, è necessario pensare e prepararsi alla morte, ma non temerla, né tanto poco atterrirsi al suo pensiero. La morte se è un segno della giustizia di Dio, lo è ancora della sua misericordia e della sua carità. Muoiono i peccatori, muoiono i gusti, si muore dopo una lunga preparazione e si muore in un subito. È sempre un bene, perché la morte è mandata da Dio. Si muore in un subito: noi restiamo perplessi al pensiero del come si sarà trovata quell’anima – ciò è caritatevole, ma non sempre giusto – perché quel Dio che è morto per salvarci concederà a quell’anima chi sa quanti lumi di pentimento, quale spinta di contrizione, quale sospiri di amore ed essa sarà salva. Salva, e forse più facilmente, come non sarebbe stata se avesse continuato a vivere. Il Signore è molto più geloso di noi circa la salvezza delle anime. E a Lui, che ha tutto presente, può essere apparso convenevole che quell’anima cessasse il suo pellegrinaggio per evitarle pericoli gravi e più gravi peccati. E ciò non è più giustizia, ma misericordia, carità, squisitissimo amore. Ora, innanzi a questo specchio dolcissimo si può essere preoccupati, si può tremare? No, mai. Con ciò non voglio dire – Dio me ne liberi –che bisogna essere sicuri e starsene inerti da aspettare questo passaggio dalla terra al cielo, il che sarebbe presunzione. Ma credo che chi ama e confida in Dio, non possa vivere questa attesa diversamente. Perché Gesù è di una bontà infinita che, non solo è morto per noi, per salvarci ed esserci da modello anche in questo, ma ha voluto metterci affianco la Madre sua perché potessimo meglio imitarlo. Con Maria SS. a lato, ogni timore, se vi è, non può sussistere più. E come potrebbe, se per Lei siamo stati già, chissà quante volte, salvati da un passo difficile? Da quante difficoltà non ci ha tratti Maria SS.? E potrebbe poi non trarci da questa che interessa l’eternità, la gloria dovuta al Sangue Preziosissimo di Gesù suo diletto Figlio? Certo che no: e Lei medesima ce ne assicura. Coraggio, dunque, e confidenza: con la sola confidenza noi otterremo dal Divin Cuore il dolce invito: Venite, Benedetti! Preghi per me.

G. Gaglione

15 giugno 1940

Caro mio

il Signore ti benedica e ti ricambi il bene che mi hai fatto con questa tua lettera così piena di fede e di rassegnazione! Il Signore ti benedica e ti custodisca in questa ricchezza che il mondo non comprende e contro la quale, qualche volta, insorge la nostra miseria umana, ma che resta sempre e sempre cresce per il bene dell’anima nostra e dell’anima di altri. Il mondo dice di te, come di me: “ È un ammalato che non può nemmeno muovere la testa; che deve stare sempre seduto; che ha bisogno di tutto e di tutti”. Invece Gesù facendoci essere infermi e conservandoci nella infermità, ci vuole potentissimi, tanto da poter spandere per mezzo nostro le sue grazie sulla terra. Senza sapere fare altro che soffrire, senza un grammo di forza, poveri e bisognosi di tutto, noi siamo stati chiamati a seguire Gesù da vicino, e portare la croce per tutti i peccatori, a cooperare con Gesù, nientemeno, perché la pace e l’amore tornino a regnare nel cuore dell’uomo e questi sia felice. E noi rispondiamo generosamente a Gesù. Se Egli ha voluto farci l’onore di chiederci dei dolori, soffriamo con gioia o, per lo meno, con umiltà e rassegnazione e ne avremo certamente quel gaudio che Egli ha promesso a coloro che soffrono. Così è e sarà sempre, e così e in modo particolare e speciale dev’essere ora che la nostra cara Patria ha chiamato i suoi figli più cari perché la facciano più bella e più grande per il bene di tutti. Anche noi siamo soldati, o caro, ed anche noi dobbiamo fare tutto il nostro dovere se vogliamo dimostrarci degni figli di Dio. Noi siamo i soldati dell’amore e del continuo sacrificio: quelli che possono soffrire in anticipo i disagi dei sani così aprire loro la strada delle più belle conquiste. Con tale animo, offriamo a Dio i nostri dolori, le nostre privazioni e le nostre preghiere. Coraggio, perciò e avanti anche noi! Poi verrà la pace per tutti e il nostro spirito esulterà felice della felicità promessaci da Dio e che Gesù ci dà dandoci se stesso. Non ti abbattere, perciò, né per le condizioni fisiche né per quelle finanziarie. Il signore conosce ogni cosa e provvede a tutto secondo la vera necessità. Se Egli ci chiede di essere poveri è perché vuol farci ricchi per l’eternità; intanto non solamente il pane. Mi hai scritto di avere più volte ed inutilmente cercato di essere ricoverato in qualche ospedale per non pesare sulle braccia di tua madre già vecchietta; anche per questo non ti abbattere né affliggere oltre misura, perché sono sicuro che se fossi riuscito, tua madre ne avrebbe sofferto assai. Comunque sia però, non è detto che ciò, che non è stato possibile finora, non possa diventar facile domani. Aspettiamo che passi questo pericolo quindi e poi magari ti aiuterò a cercare. A tal riguardo, quando ti riuscirà comodo, mi scriverai delle pratiche fatte finora, della tua malattia e delle tue intenzioni in modo che io possa all’occasione interessarmi dei tuoi bisogni. Nello stesso tempo che aspettiamo il trionfo delle nostre armi, prega, prega assai caro mio e vogliami sempre bene. In Corde Jesu.

Aff.mo

Giacomino

8 gennaio 1941

Gentile Signorina

ho tardato a scrivervi perché volevo annunziavi che mi ero alzato: infatti, il 5 ho lasciato il letto e ho potuto lavorare un po’ a tavolino. Però il 6, mentre scrivevo la Circolare per gli infermi della mia Fratellanza, mi prese un dolore fortissimo al ginocchio, che mi impose di ritornare a letto, ove tuttora resto. Niente di preoccupante, però. E dal letto vi scrivo e, forse, è meglio; perché sono più in carattere con ciò che sento il dovere di scrivervi fraternamente. La vostra lettera, pur tanto piena di carità e di bontà, mi ha addolorato un poco, perché mi sembra che altra sfiducia abbia dato l’assalto al vostro cuore e che voi non abbiate voluto resistervi con tutte le vostre forze. Che voi possiate desiderare di guarire, ma che piangete e vi torturate perché la guarigione non viene subito, questo non me lo spiego. Sia perché, per guarire, occorre sempre più tempo di quello che si impiega ad ammalarsi e più ancora perché, una troppo forte smania di guarire subito può indurre in un pessimismo che sfibra e taglia la necessaria serenità per bene attendere ed ottenere. Voi, infatti, mi avete scritto testualmente: non posso rinunziare, alla mia età, alle facoltà salutari. Chi vi ha parlato di rinunzia? Chi vi ha detto che il Signore non possa e non voglia guarirvi in un attimo? Questo lo pensate voi; perché non fate che contemplare la vostra malattia e la guarigione che indugia. Esasperata da questo indugio, voi vedete tutto nero e non sapete concepire cose diverse. Così, dite facoltà salutari il muoversi, il lavorare, l’amore della creatura – quello cioè che, per le condizioni attuali vi è impedito – dimenticando che solo una cosa è salutare per tutti gli uomini: il fare la S. Volontà di Dio. Da qui il vostro grande dolore: da qui, le vostre continue lacrime. Mentre Gesù vi stringe al suo Cuore misericordioso e infinito per consolarvi e consolare, con voi, i vostri cari e molte anime, voi piangete. No, mia piccola sorella, così non va!…. Preghiamo, pregate Gesù e La SS. Vergine perché voglia guarirvi completamente, ma ancora confidate nel suo Cuore e nascondetevi in esso. Amate il Signore con tutto il cuore; convincete questo vostro cuoricino che solo l’amore di Dio stesso può darcelo. E se esso vuol piangere e vuol sanguinare, lasciatelo fare, ma offrite tutto, lacrime e sangue, per uniformarvi sempre più a Gesù che vi ha prediletta e vi ama e vuole consolarvi come nessuno lo potrebbe. Vi ringrazio delle figurine di vostra sorella suora: alla stessa vi prego di far pervenire i miei devoti auguri ed altri fatene ai vostri cari. Voi statemi bene in Gesù e Maria SS. e pregate anche per. Ma fatevi coraggio!!!…

Dev.mo

G. Gaglione

21 agosto 1950

Gentilissimo Principe

mi perdoni se oso scriverle, sottraendo del tempo prezioso alla sua opera di bene, perché mi sembra che il cuore non sappia più reggere al Fiat! Che mi ha consigliato a non venire con loro. In questo Anno Santo, l’anno della riparazione e della purificazione, ho sofferto più degli anni passati, perché Gesù benedetto mi ha provveduto per farmi rispondere più degnamente alle speranze del Papa, ma, qualche volta, ancora mi sono sorpreso a contemplare la possibilità di guarire e ho creduto di dover purificare il mio abbandono da questa nebbia umana. Perciò non sono stato a Loreto e non sono venuto a Lourdes. Ho voluto e voglio che il mio amare e servire sia quello che è nel disegno della divina misericordia: solo gloria a Dio, cioè bene e grazia per grazie migliori a tutte le anime. Così ho confidato, ho operato nella tenerezza di Maria Immacolata e nella carità di tutte le anime buone; e così ancora mi raccomando a lei, ai sacerdoti, alle dame ed ai barellieri, a tutte le sorelle e ai fratelli infermi, perché non resti deluso; perché nessuno resti deluso. Per me, dunque, dica a coloro che soffrono e amano che preghino, preghino, preghino la Madonna, ma sopratutto si abbandonino fra le sue braccia materne, perché è la Madre che conosce ogni bisogno e tutti i bisogni può esaudire. Dica loro che l’amino e chiedano, chiedano anche con insistenza, se vogliono, di guarire, ma ugualmente chiedano la luce di comprendere che se non guariranno avranno avuto la grazia più grande, quella che assomiglia a Cristo e porta il suggello del Fiat! Della Madonna. Prestare la propria carne a Gesù perché continui a soffrire in una umile materia per la salvezza delle anime è una grazia che può ottenere soltanto l’amore infinito di una madre che sia Madre di Dio e nostra, infatti. Ella sola fu degna di dare la sua carne al Verbo di Dio, perché fosse uomo, soffrisse e morisse per tutti gli uomini e dopo Lei, anche gli infermi sono gli eletti a tanta predilezione. Per l’Eucaristia e la croce particolare dell’infermità il mistero della Incarnazione si ripete ancora, misticamente, e ancora trattiene il braccio della giustizia di Dio, illumina i ciechi, riconduce a Dio i peccatori. Lo dica lei, carissimo Principe, ai fratelli miei che soffrono: glielo dica come sa e può dirlo lei, dopo tanti anni di amore per essi e da dolcezza che ogni giorno attinge al cuore del Papa. Ed io, confidato in Dio, con tutto il cuore proteso ai voti della Bianca Ostia del Vaticano, offrirò per essi e per tutti le mie preghiere ed i miei dolori. Mi perdoni, Carissimo Don Enzo, e mi abbia stretto al cuore, perché avendone conosciuto la bontà, non so farne più a meno.

Dev.mo

G. Gaglione

12 agosto 1953

Egregio amico

anzitutto, non si preoccupi! Perché, specialmente in campo puramente spirituale, la preoccupazione genera nervosismo, annebbia mente e intelletto, è di impaccio alle ali della grazia. L’anima penitente, invece, ha bisogno della più ferma convinzione che, macchiata che sia di impurità, è rossa, bruciata di peccati, diventerà bianca, più della neve, se intinta nel Sangue di Gesù. E’ Gesù, il solo Salvatore, questo vuole, se al grande San Bernardo, che pure aveva tanti meriti, e glieli offriva tutti, si disse soddisfatto solamente quando quel diletto gli offrì i suoi peccati. Se ha moltissimi peccati – come dice – dunque, ha più ragione per confidare nell’amore di Gesù. Se la tentazione torna ed il fuoco dell’impurità minaccia d’appresso, invochi Maria e confidi nelle promesse di Gesù. Non dimentichi che Gesù è morto anche per lei ed il suo Sangue prezioso è anche a sua disposizione. Per queste ragioni, la prego innanzi tutto di fare una buona confessione e, una volta tornato al Banchetto Eucaristico, di non tenersene lontano un mese o forse più, come ha fatto finora. Chi si astiene dalla Santa Comunione non lo fa, ordinariamente, per pura e semplice umiltà, quando per suggestione del nemico delle anime nostre. Gesù vuol darsi alle anime; e come e possibile parlare di umiltà di fronte a tanto amore? Chi non si comunica spesso non è umile, perché chi rinunzia all’unico mezzo certo di fortificarsi, non riconosce la sua debolezza. Si confessi, dunque, e cerchi di fare la S. Comunione, almeno ogni otto giorni e vedrà che, scornato il demonio, passera anche la burrasca che la abbatte. Per il poco che posso, non la lascerò solo e pregherò per lei e offrirò un po’ della provvidenza di Dio perché i dolori della lotta siano meno duri. Ma confidi, confidi, confidi e sfoghi il suo cuore con Gesù, il solo che può dirle parole di vita eterna. Certo, la lotta non sarà delle più facili, ma, appunto per questo, la vittoria sarà bellissima, quanto certa. E tanto più vicina, quanto più saprà abbandonarsi nel cuore di Gesù e Maria SS. Abbandonarsi – dico – perché lei lo può benissimo. Ha molti peccati!… Ma Gesù non li ha pagati Lui?… Non può niente!… Ma Gesù non può tutto?… Si, lo può e lo vuole. Perciò coraggio! Le mando una immaginetta della Madonna e lei ne reciti la preghierina come può e Maria SS. penserà a trarlo al fervore. Per la cresima, poi, perché non accontentare l’amico? Per partecipare ad un sacramento occorre lo stato di grazia e non altro, e lei lo avrà appena confessato e comunicato. Contenti, dunque, l’amico suo e – chi sa – se non sarà quello il giorno e l’occasione della sua più dolce festa, la confermazione della sua pace?! Preghi per me e mi abbia vicino vicino.

In Corde Jesu.

Dev.mo

G. Gaglione

25 maggio 1962

Carissimo Gaetano

ti sono vicino vicino con necessità vitale e confido nel tuo aiuto. Il mio martirio aumenta ogni ora e non ci capisco più niente. Aiutatemi! Perché se Gesù lo vuole ancora, come sempre, non so se io sono ancora degno della sua misericordia, con tanta miseria! Fiat! Ti abbraccio con tutti.

Giacomino

L’ultima lettera porta la data del 25 maggio 1962, tre giorni dopo Giacomino si spegne nella sua casa di Capodrise.